Per un lunghissimo lasso di tempo che abbraccia tutti i periodi paleolitici, l’umanità ebbe una nutrizione basata esclusivamente sulla caccia, sulla pesca e sulla raccolta dei prodotti spontanei del mondo vegetale.
Sembra che vi sia stata una fase iniziale in cui probabilmente i primi Ominidi furono essenzialmente predatori di carcasse di animali abbattuti da grandi carnivori della savana.
In seguito gli animali cacciati furono i grandi mammiferi tra cui elefanti,rinoceronti, cervidi, felini, orsi; più facile fu probabilmente la caccia a mammiferi di taglia minore, quali marmotte, i caprioli, i ghiottoni, i castori, le lepri.
Frequente dovette essere la caccia ai bovidi e agli equidi nel Paleolitico superiore, come attestano le numerose manifestazioni d’arte parietale e mobiliare, che furono da alcuni autori interpretate come oggetto di riti venatori.
Abbondante bottino dovette ottenere anche le popolazioni rivierasche con la pesca nel mare e nei corsi d’acqua, utilizzando arpioni e altre armi da getto. Altrettanto frequente in certi siti del Paleolitico superiore, come ad es. alla Grotta Romanelli in Puglia, fu la caccia agli uccelli, soprattutto acquatici.
Accanto agli alimenti ottenuti per mezzo della caccia e della pesca un ruolo importante ebbero quelli provenienti dalla raccolta dei prodotti spontanei, tanto che sembrò potersi affermare che nei tempi preistorici non deve essersi verificato un mutamento sostanziale nella produzione tra alimenti carnei e vegetali.
Tra questi ultimi si devono menzionare soprattutto i frutti selvatici, le bacche, i tuberi, i rizomi, i bulbi, le radici, i germogli e forse anche fiori e foglie commestibili. Un prodotto particolare fu il miele selvatico la cui raccolta risultò un’eloquente pittura rupestre paleolitica che figura sulle pareti della Cueva de la Arana Spagna.
Un altro alimento delle popolazioni paleolitiche doveva essere costituito dai molluschi, sia terrestri che marini, di cui si rinvengono numerosi i gusci nelle campagne di scavo.
Essi dovettero anzi costituire un importante complemento nell’alimentazione durante il Mesolitico.
Ciò che rivoluzionò però l’alimentazione dell’uomo preistorico,come pure tutta la sua economia e il suo modo di vivere, fu la coltivazione delle piante (cereali) nonchè l’allevamento del bestiame, da cui trasse da un lato farine e vegetali commestibili e dall’altro carne, grassi, latte.
In ogni modo queste popolazioni neolitiche continuarono per lunghi secoli a praticare la caccia ,la pesca e la raccolta perchè le loro tecniche agricole erano ancora troppo primitive per garantire una produzione di cibo sufficiente alla sopravvivenza della comunità
La loro agricoltura era ciclica e itinerante: non conoscendo le tecniche per rinnovare la fertilità del suolo con la concimazione e la rotazione dei coltivi, la terra si esauriva rapidamente, ecco perchè i villaggi neolitici avevano una durata molto breve, non più di 8-15 anni.
Anno dopo anno si abbatteva un tratto di foresta e si dissodavano nuovi terreni.
Al momento che i campi diventavano troppo lontani, si abbandonava il villaggio per trasferirsi altrove.
Nel corso del quarto millennio a.C. si verifica quasi una seconda rivoluzione neolitica, gli animali non vengono più allevati esclusivamente come produttori di carne, ma anche per i loro prodotti secondari,in particolare latte e lana, e come trazione.
La trasformazione di questi prodotti si tradusse in una migliore qualità e durata della vita, da qui l’ importanza di valorizzare e approfondire un periodo della nostra storia cosi importante, in laboratorio archeologico-sperimentale Gli Albori offre la possibilità tramite percorsi didattici e visite tematiche, di toccare con mano, o meglio ancora mangiare, cibi antichi, preparati con antiche tecniche oggi quasi del tutto compromesse, inoltre tramite la degustazione di tali alimenti, innescare un processo di riconoscimento e appagamento olfattivo che avrà come scopo la reintroduzione o la maggiorazione dei suddetti alimenti, non troppo di moda tra i bambini.
Pranzo preistorico :
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