Laboratorio di scheggiatura della pietra
Da quando l’attenzione degli archeologi, a partire dagli anni ’60, passò dal reperto al processo di lavorazione, all’utilizzo e al contesto sociale che lo aveva prodotto, l’interesse si spostò dal considerare il solo oggetto in sé, all’analisi e alla descrizione del processo costruttivo, alle modalità di fruizione e delle tracce derivanti dall’uso.
A questo proposito, l’opera di Sergei Aristarkhovich Semenov, “Prehistoric technology” del 1964, che costituisce ancora oggi una pietra miliare dell’archeologia, fornì l’importante strumento dell’analisi funzionale (o tracceologica) contribuendo alla soluzione di ampie questioni. Questa nuova concezione tese poi a emergere negli studi dell’Archeologia processuale, con lo sviluppo di un innovativo approccio metodologico alle industrie litiche: le ricostruzioni dei processi di fabbricazione e delle modalità di uso sono parte di un unico percorso finalizzato all’interpretazione ‘globale’ delle attività tecniche allo scopo di ricostruire il cammino tecnologico e culturale del gruppo umano che lo ha prodotto.
Obiettivi
- Fornire un primo approccio alla metodologia e alle tecniche utilizzate nell’ambito dell’industria litica attraverso attività divulgative e pratiche.
- Comprendere l’importanza della cultura materiale in rapporto al contesto in cui i reperti sono stati ritrovati.
- Comprendere le strategie messe in atto dall’uomo preistorico per costruire utensili e armi adatti alla caccia nelle epoche che hanno preceduto la scoperta e lo sfruttamento dei metalli.
- Conoscere le tecniche di scheggiatura, la loro evoluzione nel tempo e gli strumenti usati (percussore, ritoccatore, ecc.).
- Sperimentare praticamente le caratteristiche tecniche e la funzioni di alcuni strumenti litici.
- Evidenziare l’aspetto scientifico della riproduzione di oggetti.
- Ricavare informazioni dallo studio delle modalità di esecuzione degli oggetti litici.
Destinatari
Bambini dal III al V anno della scuola primaria, medie, superiori, adulti.
Propedeuticità
Programma scolastico sulla Preistoria/Protostoria/Storia a ed eventuale visita guidata presso il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma.
Raccomandazioni
Indossare scarpe da ginnastica o stivaletti di gomma, abbigliamento comodo e “sporchevole”.
Partecipanti: massimo 20 per gruppo.
Sequenza operativa
Il laboratorio prevede una parte teorica, che sarà presentata nella parte introduttiva e approfondita nella fase conclusiva, subito dopo la parte pratica centrale che consiste nella lavorazione di noduli di selce con le varie tecniche illustrate.
- Breve introduzione al laboratorio
Introduzione alle attività e alle tecnologie impiegate nella lavorazione della pietra. - Suddivisione e riconoscimento dei vari materiali: tipi di roccia impiegati e principali luoghi di rinvenimento.
- Dimostrazione dell’uso degli strumenti impiegati per la lavorazione della pietra.
- Simulazione di diverse fasi della scheggiatura da parte della guida archeologa.
- Produzione di lame e schegge da parte dei partecipanti.
- Suddivisione e riconoscimento dei vari materiali archeologici litici
Riconoscimento delle diverse tecniche di lavorazione e datazione. - Conclusioni: sintesi, discussione e confronto collettivo
Nella discussione finale vengono sintetizzate e confrontate le esperienze fatte dai ragazzi che vengono stimolati a operare deduzioni e approfondimenti insieme alla guida-archeologa.









Approfondimento: Materiali e tecniche di scheggiatura
Materiali
Le rocce utilizzate nel Paleolitico e nel Mesolitico sono molto varie. Sono state ricercate rocce:
- dure, di difficile frantumazione,
- omogenee, senza piani di fratturazione
- e di grana fine.
In Europa è stata utilizzata più frequentemente la selce, che si trova in varie formazioni calcaree sotto forma di noduli di diverse dimensioni e forme, distribuiti in banchi, o sotto forma di staterelli lenticolari; oltre alla selce, sono stati utilizzati materiali come: calcedonio, diaspro, calcare siliceo, quarzite e ossidiana, che hanno la caratteristica, quando vengono colpite da un percussore o se soggette a una forte pressione in un determinato punto, di fratturarsi con superfici concoidi, cioè curve, dando origine a frammenti con margini taglienti, le schegge.
Definizioni
A seconda del livello di lavorazione, la terminologia corrente definisce:
- manufatto ogni oggetto di selce che presenta delle tracce di lavorazione, Soltanto nelle industrie più antiche e limitatamente ad alcune categorie di manufatti è stato seguito il primo procedimento.
- strumento ogni manufatto che dalla lavorazione ha avuto una forma voluta.
Lo strumento può derivare dalla semplice sgrezzatura di blocchi di selce (come una scultura a tutto tondo), oppure da due operazione distinte:
– la scheggiatura: consiste nel ricavare delle schegge da un blocco di selce opportunamente preparato (prenucleo, nucleo),
– il ritocco: questa ulteriore lavorazione conferisce alla scheggia una determinata forma, trasformandola in strumento.
Relativamente alla scheggia dobbiamo precisare le seguenti definizioni:
- tallone: è la porzione del piano di percussione del nucleo che si stacca con la scheggia;
- punto di impatto: è quel punto del piano di percussione che viene colpito, determinando il distacco della scheggia;
- faccia ventrale: è la faccia della scheggia originatasi dal nucleo in seguito alla percussione;
- cono e concoide: costituiscono la convessità che appare sulla faccia ventrale della scheggia a ridosso del punto di impatto;
- faccia dorsale: è la faccia opposta alla faccia ventrale;
- asse: è una linea immaginaria che prolunga la direzione della percussione, passando per il punto di impatto;
- lunghezza: è la dimensione massima della scheggia, misurato lungo l’asse o parallelamente all’asse;
- larghezza: è la dimensione massima della scheggia, misurata normalmente alla lunghezza;
- spessore: è lo spessore massimo della scheggia, misurato tra le due facce e ortogonalmente alla faccia ventrale;
- parti o estremità prossimali: sono la porzione o l’estremità della scheggia nelle quali si trova il tallone;
- parti o estremità distali: sono la porzione o l’estremità della scheggia opposte al tallone.
Tra i prodotti della scheggiatura, chiamati schegge (in senso lato) si distinguono in:
- schegge, nelle quali la lunghezza supera il doppio della larghezza;
- lame, in cui la lunghezza supera il doppio della larghezza
Entrambe vengono ulteriormente suddivise in categorie dimensionali ponendo come limiti della lunghezza tra le varie categorie 100mm, 25mm, 12mm e di grandi schegge, schegge, piccole schegge ponendo come limiti della dimensione maggiore 100, 50 e 25mm:
- grandi lame,
- lame,
- lamelle,
- microlamelle,
- ipermicrolamelle.
Nel sistema tipologico analitico di G. Laplace le medesime categorie dimensionali vengono utilizzate anche per la classificazione tipometrica degli strumenti (in questo caso la terminologia non fa riferimento al supporto, ma alle dimensioni dello strumento).
I talloni riflettono la morfologia del piano di percussione del nucleo e sono pertanto un indice del suo grado di preparazione: il tallone può essere puntiforme, lineare, liscio, diedro, a faccette, a faccette convesso.
I residui della scheggiatura, chiamati nuclei, vengono classificati in relazione alla categoria di prodotti che hanno dato (e dei quali sono visibili i negativi degli stacchi (avremo così nuclei a schegge, nuclei a lame, nuclei a lamelle) e in relazione alla loro morfologia (nuclei discoidi, prismatici, piramidali, ecc.).
Tecniche di scheggiatura
Soltanto nelle industrie più antiche il nodulo o blocco di selce veniva scheggiato senza una idonea preparazione; ciò poteva avvenire ad esempio con la tecnica clactoniana (un’industria del Paleolitico inferiore rinvenuta a Clacton in Inghilterra in cui gli utensili su schegge venivano fabbricati percuotendo il nucleo su un altro blocco litico -tecnica su incudine). Negli altri casi il nodulo o blocco veniva anzitutto predisposto alla scheggiatura, ottenendo un prenucleo: sulla sua superficie venivano preparati un piano di percussione e una superficie di distacco.
Con l’inizio delle operazioni di sfruttamento è opportuno non parlare più di prenucleo, ma di nucleo. Lo stesso termine viene usato anche per indicare il residuo, una volta ultimato lo sfruttamento. Il distacco della scheggia dal nucleo avviene in seguito a una sollecitazione dovuta a percussione o a pressione. Nel Paleolitico e nel Mesolitico sono note le seguenti forme di percussione:
- percussione diretta, realizzata colpendo con un percussore (di pietra, di legno, d’osso o di corno) il nucleo;
- percussione indiretta, realizzata interponendo tra percussore e nucleo uno scalpello di legno o d’osso;
- percussione su incudine, battendo il blocco di materiale grezzo o il nucleo su una pietra fissa a terra;
- percussione bipolare, realizzata mediante percussione diretta del nucleo appoggiato all’incudine.
- Il distacco per pressione compare probabilmente soltanto verso la fine del Mesolitico, nel Castelnoviano, e si svilupperà nel Neolitico nelle industrie che presentano componente laminare. La scheggiatura su incudine consente di ottenere schegge grossolane, con un tallone ampio e fortemente inclinato rispetto alla faccia ventrale, con punto di percussione (talora multiplo) ampio, cono e concoide accentuati. I prodotti hanno una forma non controllabile.
La percussione bipolare è stata praticata soltanto in qualche sito, per sfruttare ciottoli di piccole dimensioni. La percussione diretta e soprattutto la percussione indiretta consentono invece di ottenere schegge di forma voluta (predeterminata), mediante sequenze di operazioni che vengono chiamate chaines operatoires (catene operative) attraverso le quali vengono prodotte delle schegge.

Il ritocco
Con ritocco al prodotto della scheggiatura viene conferita una forma voluta. Il ritocco viene classificato secondo vari criteri; qui seguiremo la classificazione proposta da G. Laplace (1964).
- Secondo la moda, si distingueranno i seguenti tipi di ritocco:
a. semplice: distrugge più o meno profondamente il margine della scheggia, modificando e ispessendolo mediante lo stacco di una sequenza di scheggioline, orientate rispetto alla faccia ventrale della scheggia secondo un angolo compreso tra 5° e 45°;
b. erto: distrugge più o meno profondamente il margine della scheggia, modificando e ispessendolo, mediante lo stacco di una sequenza di scheggioline orientate rispetto alla faccia ventrale della scheggia secondo un angolo maggiore di 45°;
c. piatto: modifica il margine della scheggia mediante lo stacco di scheggioline tendenzialmente allungate, subparallele rispetto a una delle due facce, invadendo la faccia della scheggia (ritocco piato invadente) o ricoprendola (ritocco piatto coprente);
d. sopraelevato: interessa esclusivamente le schegge spesse, che intacca mediante stacchi singoli eventualmente ravvicinati (ritocco sopraelevato sommario) oppure allungati (ritocco sopraelevato lamellare) o ancora disposti come embrici (ritocco sopraelevato scalariforme). - Secondo l’ampiezza:
g. marginale: localizzato lungo il margine della scheggia, il cui andamento originario viene modificato solo lievemente;
f. profondo: intacca il margine della scheggia, modificandone nettamente l’andamento. - Secondo l’andamento:
g. continuo o lineare: i piccoli stacchi, che costituiscono il ritocco, presentano nell’insieme un andamento lineare, rettilineo o curvo;
h. denticolato: il ritocco forma una tacca o una linea spezzata - Secondo l’orientamento:
i. diretto: ottenuto mediante stacchi che partono dalla faccia ventrale della scheggia (nel senso che la faccia ventrale è stata utilizzata come piano di percussione);
j. inverso: ottenuto mediante stacchi che partono dalla faccia dorsale della scheggia;
k. misto: ottenuto mediante una sequenza di stacchi diretti e inversi adiacenti;
l. bifacciale: ottenuto mediante stacchi diretti e inversi sovrapposti (di solito, nel caso di ritocco erto bifacciale si parla di ritocco bipolare);
m. alterno: il medesimo supporto presenta un ritocco diretto lungo un lato e un ritocco inverso lungo il lato apposto.
A. Broglio, Introduzione al Paleolitico, Laterza Ed. 1998.