La ceramica

Laboratorio di lavorazione dell'argilla

Presentazione

L’argilla col fuoco si trasforma in un materiale molto rigido e resistente, impermeabile e non più disgregabile in acqua. La semplice terracotta venne poi arricchita cospargendo le pareti con un leggero strato di argilla con sabbia fusa (invetriatura) rendendola impermeabile e resistente: la ceramica (dal greco κέραμος, kéramos, che significa ‘argilla’, ‘terra da vasaio’).

La produzione della ceramica rappresenta una delle principali innovazioni del Neolitico e, nella storia della tecnologia, il primo caso di trasformazione di una materia prima in un prodotto con caratteristiche fisiche e chimiche diverse dal materiale di partenza. La produzione sistemica di contenitori ceramici è una caratteristica delle fasi avanzate del Neolitico, introdotta nell’area formativa del Vicino Oriente. I rinvenimenti di manufatti in terracotta in aree europee ed extraeuropee, effettuati in epoche antecedenti al Neolitico, si devono ritenere eccezioni nella cultura materiale pre-neolitica.
La materia prima dei manufatti in terracotta è rappresentata dall’argilla, una roccia sedimentaria con granulometria molto fine e struttura cristallina a strati, in grado di assorbire notevoli quantità di acqua. Questa peculiarità dell’argilla consente la sua modellazione a freddo con varie tecniche manuali, tutte sperimentate nel Neolitico: il colombino, attuato a partire da una spirale, la pressione a partire da una palla, lo stampo da una forma precostituita. I primi manufatti risalgono a circa 20 000 anni fa e sono figure di donne e di animali. Nella vita quotidiana già 10mila anni fa si usavano manufatti fittili come recipienti per la cottura, la conservazione e il consumo di acqua e alimenti che imitavano nella forma le zucche, i canestri e più tardi i manufatti in cuoio o in metallo. I vasi erano foggiati in varie forme a seconda delle esigenze funzionali: aperte o chiuse, semplici o complesse, con o senza anse e altre appendici. Le superfici dei vasi venivano lisciate con le dita o con spatole di legno o di osso. Talvolta, i vasi venivano sottoposti, durante il processo di essiccazione, a trattamenti più complessi, come la levigatura e la lucidatura, consistenti nel sottoporre il vaso a strofinamento con pezzi di pelle, ciottoli e ossa. In seguito a questi trattamenti e prima della cottura, i vasi potevano essere sottoposti a decorazione. Nel Neolitico italiano sono documentate diverse tecniche di decorazione: l’impressione, l’incisione, l’excisione, il graffito, la pittura e l’applicazione plastica. I differenti motivi decorativi del Neolitico italiano rappresentano il principale elemento diagnostico per la definizione di stili aventi valore cronologico e geografico.

A. Pessina, V. Tinè, Archeologia del Neolitico. L’Italia tra VI e IV millennio a.C., Carocci Ed. 2008.

Obiettivi

  • Il laboratorio si propone di sperimentare le tecniche di lavorazione utilizzate nella Preistoria per realizzare alcune forme vascolari (ciotole, vasetti, veneri).
  • Permette di verificare, senza particolari strumenti, i tipi e le proprietà dell’argilla
  • Conoscere alcune o tutte le fasi di lavorazione dell’argilla: selezione, depurazione, decantazione, correzione, impasto, modellazione, decorazione, essicazione, cottura.

Destinatari

Bambini dal III al V anno della scuola primaria, medie, superiori, adulti.

Propedeuticità

Programma scolastico sulla Preistoria ed eventuale visita guidata presso il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma.
È consigliabile e propedeutico che i bambini/ragazzi cerchino autonomamente e portino materiali utili al laboratorio quali: rametti, conchiglie, cordicelle, penne di uccelli, sassolini e quanto può essere utile per decorare, purché trovato in natura.

Raccomandazioni

Indossare scarpe da ginnastica o stivaletti di gomma, abbigliamento comodo e “sporchevole”.
Portare 1 scatola da scarpe e 1 vecchio quotidiano ogni 3 bambini/ragazzi.
Partecipanti: massimo 20 per gruppo.

Durata

Sequenza operativa

Il laboratorio di base (2 ore) prevede una fase introduttiva, la modellazione e la decorazione di uno o due vasetti.
Il laboratorio completo di tutte le fasi necessita di più giornate anche per permettere i tempi di essiccazione e cottura. 

  1. Breve introduzione storica relativa alla ceramica. Nella prima parte dell’incontro vengono presentati gli aspetti culturali (un accenno alla storia della ceramica, in particolare l’evoluzione delle tecniche di decorazione nell’Età del Bronzo) attraverso il supporto di immagini (pannelli, cartelloni, lucidi) che saranno di riferimento durante la fase di modellazione dell’argilla.
  2. Analisi e descrizione di vari tipi di argilla e di oggetti fittili

     

  3. La sperimentazione. I bambini/ragazzi manipolano l’argilla esclusivamente con le mani attraverso diverse fasi:

    a. Cavatura, stagionatura, lavatura e depurazione dell’argilla
    . L’argilla naturale non è direttamente utilizzabile per la ceramica. Deve venire ripulita dalle impurità e per ottenere questo prima viene sottoposta a una fase di stagionatura (decantazione o setacciatura) lasciandola all’aperto almeno per una stagione; in questo periodo gli ammassi più grossolani si disgregano e vengono omogeneizzati, le impurità organiche o vegetali vengono eliminate e successivamente i sali solubili vengono dispersi dalla pioggia o lavati con l’acqua (lavatura).
    Infine, subisce una ulteriore depurazione per eliminare le residue impurità e soprattutto per affinarla, togliendo le particelle con granulometria più grossolana. (Questa fase può essere illustrata da un operatore o mostrata con un video).
    Un ulteriore elemento di classificazione della ceramica è rappresentato dalla classe, grossolana e fine. La ceramica grossolana comprende contenitori da stoccaggio, trasporto e cottura, realizzati con un’argilla ricca di degrassanti minerali e vegetali, in grado di conferire maggiore consistenza e robustezza al corpo ceramico. La ceramica fine, più raffinata, veniva riservata alla realizzazione di vasi con funzione da mensa o da prestigio realizzati con un impasto fine, parzialmente o totalmente depurato.

    b. Lavorazione dell’argilla
    . Selezionata e ripulita, si procede all’impasto dell’argilla. Questa fase tende a eliminare eventuali bolle d’aria e a renderla compatta, per prevenire il formarsi di crepe nel prodotto finito.

    c. Smagrimento e correzione.
    Le argille possono presentare una percentuale di minerali argillosi troppo alta: si hanno quindi una eccessiva plasticità e un maggiore assorbimento di acqua che in cottura portano a un forte ritiro e quindi alla formazione di crepe. Per questo vengono aggiunti componenti non plastici smagranti chiamati ‘chamotte’ o ‘cocciopesto’ (scarti della terracotta polverizzati), sabbia, feldspati (minerali polverizzati), calcari, gusci di conchiglie, grafite, ceneri, segatura di legno, paglia, sangue, letame o piume che hanno vari scopi:
    temperanti: per aumentare la resistenza agli sbalzi improvvisi di calore durante la cottura.
    deumidificanti: per ottenere una più facile evaporazione dell’acqua, minimizzare le contrazioni e le distorsioni nell’essiccamento e abbassare la temperatura di cottura.

    d. Modellazione del manufatto
    . Nel corso dei millenni sono state sviluppate diverse tecniche di lavorazione della forma che costituisce uno dei momenti cruciali nella fabbricazione in particolare di ciotole e vasi. Tra queste ricordiamo:
    – Modellazione a mano libera. È la tecnica più antica e si realizza tramite la foggiatura diretta/per espansione: partendo da una palla di argilla della dimensione del palmo di una mano, si spinge nel mezzo con il pollice. Si fa poi girare poi la massa all’interno della mano. Quando il foro si è allargato a sufficienza, si appoggia il manufatto su un piano.
    – Modellazione a colombino o a bandelle. Si prepara una base (appiattendo una pallina di argilla. Per la realizzazione delle pareti si utilizza la tecnica o a ‘colombino’ (chiamata anche ‘a cercine’): si dividono dei blocchi di argilla delle dimensioni di un sigaro e si stendono con i palmi delle mani, ottenendo dei lunghi cilindri simili a grissini; in alternativa si possono realizzare delle strisce di impasto (bandelle). Si arrotolano in successione i colombini (o le strisce) gli uni sopra agli altri, poi si uniscono fra di loro e si liscia l’oggetto internamente ed esternamente per ottenere una superficie compatta.
    – Modellazione a lastre. Si prende un pane d’argilla e se ne tagliano lastre di spessore omogeneo usando un filo o stendendole con un mattarello (un ramo diritto). Successivamente, le lastre vengono tagliate modellandole su uno stampo oppure giuntate tra loro con l’aiuto di incisioni spalmate con barbottina.
    – Modellazione al tornio. Il tornio, usato dalla tarda Età del Ferro, è un formato da un supporto girevole, un piatto la cui velocità anticamente veniva impressa tramite un pedale. Si pone una massa di argilla perfettamente al centro del piatto girevole; quindi, si modella con le mani o con qualche strumento mentre si regola la rotazione del tornio stesso. Non è possibile aggiungere argilla in corso d’opera senza pregiudicare la forma data con la modellazione.
    – Modellazione a stampo. Questa tecnica prevede l’utilizzo di un supporto concavo su cui si adagia e si fa aderire una sfoglia di impasto. Occorre avere già preparato uno stampo che solitamente replica l’oggetto che si intende riprodurre (per es. un cesto o un vaso). Quindi vi si cola dentro dell’argilla liquida e si attende pazientemente che essicchi, perdendo con l’evaporazione dell’acqua una parte del suo volume. Viene quindi estratta dallo stampo e rifinita a mano. Durante la cottura in forno l’oggetto modellato perderà, rispetto all’originale di cui è la copia, circa il 10% del volume.

    e. Le tecniche di decorazione
    Dopo un certo periodo di essiccazione, quando raggiunge la durezza del cuoio, l’argilla è pronta essere incisa e decorata: l’argilla è infatti già indurita, ma mantiene ancora una certa residua plasticità. I più antichi strumenti per decorare sono stati le unghie e i polpastrelli delle mani e attrezzi rudimentali come ossicini di pollo, penne di uccelli, ramoscelli, conchiglie, cordicelle attorcigliate, punteruoli, ecc.
    Possono essere eseguite decorazioni con tecniche diverse:
    – L’impressione è la tecnica più antica di decorazione, tipica del primo Neolitico peninsulare e delle isole tirreniche. Essa veniva realizzata imprimendo sulla superficie cruda del vaso le dita, le valve di una conchiglia, punte o schegge di selce, di osso o di legno.
    L’applicazione plastica: è diffusa in tutte le fasi del periodo neolitico ed acquista importanza diagnostica nel Neolitico recente, allorquando decadono le altre modalità decorative. Questa tecnica consiste nell’applicazione di pastiglie, listelli, cordoni pastiglie, bugnette e altri elementi sulla superficie dei vasi.
    – L’incisione è caratteristica delle fasi più avanzate del Neolitico antico e del Neolitico medio dell’Italia centro-settentrionale. Veniva realizzata incidendo l’argilla con uno strumento appuntito.
    – L’excisione è una tecnica rara, caratteristica di alcune culture del Neolitico; consiste nell’intaglio e nell’asporto di tratti e zone di argilla in modo da ottenere motivi in negativo o a bassorilievo.
    – Il graffito è una tecnica caratteristica della fase di passaggio dal Neolitico antico al Neolitico medio e consiste nella produzione sulla superficie del vaso di linee sottili e irregolari dai caratteristici solchi a margini sbrecciati.
    Lisciatura e lucidatura. La lisciatura consiste in uno sfregamento della superficie per eliminare le irregolarità, mentre l’aspetto di lucentezza, in particolare degli oggetti destinati alla mensa, mentre la lucidatura è ottenuta sfregandola in modo uniforme con uno strumento piatto di legno, osso o corno (steccatura) e lisciatoi in pietra. 
    A borchiette (di bronzo): applicando file di piccole borchie emisferiche sul vaso quando l’argilla è ancora morbida. I motivi sono solitamente geometrici: linee, cerchi, onde, spirali, meandri (linee curve ripetute), ecc.
    Stralucido: si usa una stecca (ricavata da un bastoncino, una penna di uccello, una grossa spina) per “disegnare” motivi a bande, raggiere, reticoli, sfruttando il contrasto tra parti lisciate lucide e parti opache.
    – La pittura è tipica del Neolitico medio del Meridione e consiste nell’applicazione di pigmenti colorati sulla superficie dei vasi tramite pennelli o altri strumenti fibrosi.
    A fasce o figure rosse e nere: l’applicazione con un pennello su fasce alternate, distinte da cordoncini o solcature, di una vernice fatta di argilla liquida miscelata con pigmenti minerali, quali polvere di ocra per il rosso, ossidi di ferro per il nero. I minerali ferrosi usati nella decorazione durante la cottura diventano di colore rosso ruggine per azione dell’ossigeno sul ferro (atmosfera “ossidante” a circa 800°C.) o nero (atmosfera “riducente” tra i 900 e i 950° C.); i vasi greci a vernice rossa o a vernice vera venivano creati proprio sfruttando questa peculiarità e alternando l’ambiente riducente a quello ossidante nella cottura. Altri colori sono ottenuti con sostanze coloranti naturali, quali l’ocra, il cinabro, il carbone, mescolate a grassi vegetali o animali.
    A stampiglia: imprimendo sulla superficie del vaso crudo punzoni che riproducono cerchi, volatili, animali schematici.
    A lamelle di stagno: è la più rara perché la più costosa e molto impegnativa; si ottiene, dopo la cottura, applicando striscioline di stagno a formare motivi geometrici (meandri e triangoli).
    La ceramica cinerognola: così chiamata per il caratteristico colore grigio-argenteo che assume dopo la cottura ottenuta in atmosfera ‘riducente’ (per l’azione del vapore e del monossido di carbonio).
    – L’ingobbio. È un rivestimento formato da argilla finissima mescolata con l’acqua a cui vengono aggiunti alcali, ossido di ferro per ottenere il rosso oppure ossido di manganese per il nero.

    f. L’essiccazione
    È indispensabile che i manufatti in argilla essicchino completamente all’aria perché l’oggetto perda lentamente l’umidità residua e la sua plasticità; col suo indurimento si fissa la forma data. La durata dell’essicazione dipende dalla dimensione del vaso e dalle condizioni atmosferiche, quindi, per ottenere un’essiccazione omogenea, mantenere la forma e garantire la durevolezza dell’oggetto è preferibile evitare le stagioni più umide e fredde.

    g. La cottura
    Si ritiene che le più antiche tecniche di cottura consistessero in strutture di combustione realizzate all’aperto disponendo il combustibile al di sopra dei vasi da cuocere sul terreno o in fosse all’aperto. La tecnica, piuttosto semplice, non consentiva di raggiungere alte temperature di cottura e, a causa del difficile controllo del calore, presentava notevoli rischi di rottura dei vasi. Successivamente furono utilizzati dei forni a cupola in strutture analoghe a quelle utilizzate per il pane. L’uso dei forni consentiva di conservare meglio il calore, di raggiungere temperature decisamente più alte rispetto a quelle delle fosse e di controllare la gradualità del processo di essiccazione e cottura, limitando gli stress termici e le rotture.
    nel laboratorio, terminata la delicata fase dell’essiccazione, si può procedere con la fase operativa finale della cottura, un processo che modifica profondamente e definitivamente la struttura chimico/fisica del materiale mediante una serie di reazioni chimiche irreversibili. Il processo di preriscaldamento e cottura può durare anche molte ore. È infatti necessario controllare accuratamente la durata e le temperature prestabilite di ogni fase (per esempio, la temperatura deve seguire curve di crescita e decrescita graduali). In seguito alla cottura il manufatto subisce un’ulteriore riduzione di volume. Modificando la cottura si possono ottenere risultati diversi:
    – Terracotta – si ottiene mantenendosi tra 960 e 1030°C
    – Terraglia tenera – si ha tra 960 e 1070°C
    – Terraglia dura – si ha tra 1050 e 1150°C
    Nelle diverse fasi della cottura, inoltre, avvengono varie trasformazioni:
    – Preriscaldamento – tra la temperatura dell’ambiente e 200°C – viene eliminata l’acqua igroscopica residua nell’impasto e quella contenuta da alcuni Sali e minerali teneri, per es. il gesso;
    – Cottura tra i 250°C e i 350°C – le materie organiche vanno in combustione. Viene liberata l’acqua zeolitica chimicamente combinata;
    tra i 450°C e i 850°C – si decompongono i minerali delle argille, liberando l’acqua reticolare;
    oltre gli 800°C – si decompongono i carbonati (decarbonatazione) e si ossidano i solfuri;
    oltre i 1000°C – fondono i feldspati e si ottiene la vetrificazione.
    L’intero ciclo di cottura, durante il quale si possono anche superare gli 800°, si protrae per diverse ore e necessita di una sorveglianza continua del combustibile e del tiraggio dell’aria.

Materiali impiegati

Argilla provenienza Arcille, utilizzata per le sue proprietà che la rendono malleabile durante la lavorazione, basso limite di ritiro e bassa percentuale di rottura in cottura.