Il villaggio che racconta la preistoria
ha come obbiettivo primario quello di far conoscere le varie tipologie abitative,
le tecnologie e le strategie di sussistenza delle culture antiche,
distanti cronologicamente e geograficamente, ma non per queste “diverse”.
Oggi come ieri, l’interscambio culturale è, è stato e sarà la vera spinta evolutiva,
sia materiale che fisica, indispensabile per la convivenza tra i popoli.
L’Archeodromo è un Museo all’aperto in cui è stata ricostruita sperimentalmente la vita dell’uomo nel passato e dove è possibile vivere un’esperienza didattica unica e immersiva. L’ Archeodromo de Gli albori si estende su una superficie totale di circa tre ettari in cui sono stati ricostruiti dei paleo-abitati riconducibili allo scenario di un periodo cronologico inserito tra il Paleolitico Medio e la prima Età del Ferro. I siti protostorici di riferimento sono due:
- Sorgenti della Nova di Farnese (VT), vicino a Pitigliano (GR), dove nel 1974 è stato scoperto un abitato protovillanoviano dell’Età del Bronzo: la collina de Gli Albori è stata scavata e organizzata in terrazzamenti allo stesso modo, mentre l’orientamento rispetto agli assi cardinali è verso sud-est.
- Scarceta (GR), della prima Età del Bronzo; l’insediamento, scoperto con numerose campagne di scavo tra il 1970 e il 1996, era costituito da diversi gruppi di capanne ed è stato abitato per circa otto secoli, fino a poco prima della comparsa della cultura etrusca.
Lo spazio scelto, inoltre, risulta molto riparato da tutti gli agenti atmosferici, una scelta fondamentale per aumentare la resistenza delle coperture realizzate con canne palustri (Phragmites australis).
Dalla caverna alla capanna alla palafitta: le popolazioni preistoriche riuscirono a sopravvivere sfruttando tutto quello che offriva la Natura. Vicina al villaggio è stata riprodotta una caverna del Paleolitico Medio, mentre sui terrazzamenti sono state ricostruite diverse capanne dall’Eneolitico all’Età del Bronzo finale scegliendo come riferimento l’ipotesi ricostruttiva meglio scavata, che abbia restituito più materiali e dati scientifici.
Poco lontano, si possono trovare una palafitta dell’Età del Bronzo Medio e infine una casa etrusca dell’Età del Ferro.
Caverna
Secondo un’antica tradizione, riportata da Omero fino a Lucrezio, le caverne avrebbero costituito il primo habitat dell’uomo. La Caverna de Gli Albori riproduce le condizioni di vita in un riparo del periodo Musteriano (Paleolitico Medio); molte delle grotte che si aprono sui versanti della vallata del fiume Fiora (GR) erano ancora abitate nell’Età del Bronzo.
- La Capanna dell’Eneolitico (Età del Rame, fine IV – inizio III millennio a.C.) è riferita ai ritrovamenti di Le Cerquete-Fianello di Maccarese (RM), il più importante dell’Italia centrale relativo a questo periodo, costituito da cinque capanne, numerose strutture funzionali annesse e due sepolture, di cui una relativa al più antico esemplare di equino trovato in tutta Europa.
La struttura abitativa presa come riferimento era a due navate e internamente divisa da tramezzi in legno in 2 o 3 ambienti comunicanti. Nella dispensa erano disposti i grandi vasi pieni di derrate, mentre l’ambiente centrale, con il pavimento in terra battuta, era inserito il focolare, il forno e delle fosse (per la raccolta dei rifiuti) veniva usato come luogo di soggiorno.
La capanna è stata riedificata nel villaggio de Gli Albori contestualizzandola con materiali ricostruiti del nostro territorio coevi.
Palafitta del Bronzo Medio. Questo tipo di abitazione sopraelevata, sostenuta da pali infissi verticalmente sul fondo o sulla riva di laghi o paludi, venne utilizzata dal Neolitico alla tarda Età del Bronzo. Per la sua ricostruzione ci siamo basati sugli abitati terramaricoli modenesi, testimonianze palafitticole note per il loro eccezionale grado di conservazione. L’interno è stato allestito con le copie dei manufatti rinvenuti tra i resti del villaggio palafitticolo del Lago di Mezzano (VT).
- La Grande capanna del Bronzo Finale è ispirata alla struttura ellittica e risalente all’Età del Bronzo finale scoperta su un affioramento di travertino a Scarceta (GR) nella valle del Fiora, a poca distanza dalla riva destra del fiume. L’edificio originale, lungo oltre 20 metri, era un vero e proprio laboratorio, con materiali in corso di lavorazione, scarti e oggetti finiti.
La capanna del nostro Archeodromo all’interno è allestita con oggetti identici a quelli provenienti da Scarceta ed esposti presso il Museo della Preistoria di Manciano (GR).
- Capanna del Bronzo Finale, in costruzione.
Il modello preso come riferimento fa parte di un gruppo di capanne ellittiche disposte lungo il margine meridionale del dirupo di tufo scoperte nel 1989 a Sovana (GR).
Le capanne che sono state scoperte, risalenti all’Età del Bronzo Finale, sono di pianta ellittica e costituite da una struttura in cui i pali centrali più robusti sostenevano il tetto e i pali perimetrali le pareti esterne, probabilmente costituite da un cannicciato rivestito di argilla. Il luogo, frequentato sin dal Neolitico, è stato abitato fino alla fase etrusca del periodo orientalizzante-arcaico; infatti, sono state trovate grandi case a pianta rettangolare, costruite su grossi pali perimetrali.
- Casa Etrusca dell’Età del Ferro (Periodo arcaico, riferibile alla prima metà del VI secolo a.C.) riportata alla luce presso il Lago dell’Accesa a Massa Marittima (GR) dove sin dal Villanoviano esisteva un villaggio caratterizzato da uno spazio libero centrale e sviluppatosi in almeno cinque quartieri autonomi, ciascuno con un proprio impianto urbanistico regolare e pianificato e una propria struttura sociale; ogni quartiere era costituito da decina di abitazioni, con uno spazio libero tra di esse e una propria necropoli.
Ogni quartiere era indirizzato verso una precisa area mineraria (siamo nel distretto delle Colline Metallifere, vicino alle miniere di Serrabottini e Fenice Capanne) o aveva impianti per la lavorazione metallurgica come forni per arrostire i minerali, depositi di scorie, ecc.
- Area forni sperimentali. Qui cuociamo il vasellame impiegando tutte le tipologie di fornaci dalla più antica alla più moderna, dal Neolitico Antico all’Età del Ferro.
- Area di tiro. È possibile esercitarsi e fare gare di tiro con l’arco, il propulsore, la lancia o il giavellotto.
- Area megalitica. La Cultura Megalitica (da mega=grande, e lithos=pietra) si è formata nel Neolitico fra il 5000 e il 4000 a.C. fino alla fine del III millennio a.C. sono comuni in Cornovaglia (i più famosi sono quelli di Stonehenge), nella Bretagna Francese, in Inghilterra, in Portogallo, in Belgio, ma ne esistono molti esemplari anche in Africa e in Asia, legando aree e culture molto lontane e molto diverse fra loro, con un sottile filo invisibile che attraversa tutta la Terra.
Questi monumenti in pietra venivano utilizzati come calendari per osservare e adorare il Cielo e calcolare il tempo, o per praticare riti come sepolture dei defunti ‘a camera singola’. Alcune forme rituali sopravvivono ancora oggi: la santa Messa cristiana si celebra sull’altare, il quale è ancora una lastra di pietra, inoltre sulle tombe continuiamo a erigere lapidi in pietra.
Ecco le principali differenze tra le diverse tipologie:
– Il Menhir è un monolito (o monolite), cioè una singola pietra eretta, conficcata nel terreno; è una parola di origine bretone composta da men=pietra e hir=lunga, alta o fitta; in italiano, infatti, è chiamato anche pietrafitta.
– Il dolmen è un polito: consiste in due, tre o più pietre erette verticalmente, con un lastrone di pietra appoggiato orizzontalmente sulle altre e assemblato formando un portale monumentale. Spesso disposti a formare un calendario solare, venivano probabilmente utilizzati nei rituali sacri, per l’adorazione degli astri, come sepolture megalitica ‘a camera semplice’.
– Il cromlech. Fra le costruzioni megalitiche va ricordato, il cerchio di pietre (anzi, di menhir); deriva dalla parola bretone croum=cerchio e da lech=pietra sacra.
- Area agricoltura sperimentale. Per parlare di Archeobotanica, innovazioni nell’agricoltura, tecniche di coltivazione, alimentazione, economia del villaggio.
- Villa Romana. Nel 1958, durante le prime operazioni di bonifica e di lavorazione dei terreni in profondità da parte dell’Ente Maremma, il ritrovamento da parte del contadino Gerardo Tei di vari reperti rivelò la presenza di un’antichissima costruzione.
- In particolare, la scoperta di due lamine di bronzo, dimostrò che risaliva almeno al IV secolo d.C.: si trattava del Diploma del congedo militare del 7 gennaio 306 d.C. con cui il nobile ufficiale romano Clemente Valerio, veterano della IX Coorte Pretoria (la guardia personale dell’Imperatore), fu congedato dal servizio militare.
“Natione Italus” è il suo titolo; tale documento permetteva a Clemente di poter sposare una sola donna (la prima) e di avere la cittadinanza romana per i propri figli anche se la madre non era di cittadinanza romana. È il congedo più tardo della storia dell’Impero Romano in nostro possesso.